L’approvazione della risoluzione sulle TEA (Tecniche ad Evoluzione Assistita), da parte della IX Commissione del Senato, conferma la volontà dell’Italia di guidare l’innovazione in campo agricolo e di mettere la ricerca al servizio degli agricoltori, per affrontare le sfide del cambiamento climatico, della sostenibilità e della difesa fitosanitaria.
Applicate all’agricoltura in generale, e alla viticoltura in particolare, le TEA diventano strumenti concreti per salvaguardare varietà di vitigni a rischio di malattie e minacciate dagli effetti dei cambiamenti climatici. Parallelamente, le Tea concorrono alla riduzione di fitofarmaci in vigna. A differenza delle OGM, che sono letteralmente Organismi Geneticamente Modificati, per le Tea si parla di Cisgenesi e di correzione/riscrittura del genoma (Genome editing). In particolare, la Cisgenesi trasferisce geni all’interno della stessa specie, o tra specie strettamente imparentate tra loro, mentre col Genome editing si interviene andando ad imitare una delle possibili mutazioni in natura, quindi, con la rottura della catena a doppio filamento del DNA.
“Un processo che, in natura, può avvenire per effetto di radiazioni ionizzate o ultravioletta, oppure, in presenza di errori di trascrizione e di copiatura del filamento del DNA” spiega l’agronomo e divulgatore scientifico Maurizio Gily. “In questi casi, la cellula cerca di riparare da sé la rottura e, nel farlo, per errore, produce il cambiamento di alcune basi azotate”. Di queste nuove tecniche, l’Italia ne detiene il primato per studio e pubblicazioni scientifiche, cercando di imitare, almeno nel risultato finale, ciò che in natura può avvenire spontaneamente.
“Il Dna è composto da geni e ogni gene si compone di circa 14mila basi azotate (la vite conta circa 35mila geni)” prosegue Gily. “Questa piccola rottura viene, dunque, riparata con la sostituzione delle 4 basi azotate che compongono ciascun gene e quando ciò avviene si ha una mutazione. Ne è un esempio il Pinot grigio divenuto spontaneamente anche bianco: da punto di vista vivaistico sono due distinte varietà, ma da quello botanico sono la stessa cosa. Per fare questo editing, la tecnica più moderna ricorre alla proteina Cas9, presente/utilizzata nei batteri per difendersi dai virus, ovvero, per tagliarne il Dna e inattivarli. Quindi si taglia il filamento in un segmento ben preciso e lo si reindirizza esattamente nel segmento desiderato, utilizzato un filamento di Rna guida, per arare a riscrivere una specifica porzione di Dna”.
Questa tecnica è già utilizzata con successo nella medicina umana, ma in ambito vegetale è ancora in fase di studio/sperimentazione, per l’ottenimento di piante tolleranti all’oidio e alla Peronospora. Oggi, più che mai, l’interesse guarda anche alla sfera climatica, pensando alla riscrittura del genoma con l’intento di agire sia sui portinnesti, per avere radici più profonde e con maggiore capacità di penetrazione, sia sulla parte area, per ridurre la disidratazione frutto-fogliare. Agendo su appena 1, 2 o 3 geni, si otterrebbero vigneti resistenti, clonati dalla stessa varietà. Attivando un gene di resistenza silente o silenziandone uno di suscettibilità attivo, si otterrebbero grandi risultati, con prospettive positive, anche, in termini di salvaguardia e aumento della biodiversità”.
“Ora è fondamentale ottenere un definitivo via libera, anche in vista dell’insediamento della nuova presidenza UE per il prossimo semestre, così da poter rispondere concretamente ai bisogni dei nostri imprenditori, senza perdere terreno rispetto ad altri Paesi, che hanno già intrapreso questa strada” osserva laPresidente Coldiretti Asti Monica Monticone, altresì viticoltrice e delegata Coldiretti alla viticoltura a livello regionale. “Le TEA rappresentano una opportunità per un’agricoltura di nuova generazione, che intenda continuare ad essere protagonista, tutelando la biodiversità e il reddito delle imprese agricole. Queste nuove tecniche genomiche, infatti, consentono di selezionare varietà vegetali più resistenti riducendo, al tempo stesso, l’uso di input chimici e valorizzando la distintività delle nostre produzioni. Si tratta di innovazioni che, a differenza dei vecchi Ogm, riproducono in modo mirato i meccanismi della selezione naturale, garantendo piena compatibilità con il modello agricolo italiano basato su qualità, sicurezza e sostenibilità”.
“Ragioni per cui è necessario che l’Italia continui a svolgere un ruolo trainante in Europa, affinché si arrivi al più presto all’approvazione definitiva del regolamento, nel rispetto di principi fondamentali, tra cui: la non brevettabilità delle varietà, l’accessibilità economica e la trasparenza nei confronti dei consumatori” chiosa il Direttore Giovanni Rosso.
 
						
			


 
			
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