PERFORMANCES E POSIZIONAMENTO COMPETITIVO DEI VINI PIEMONTESI NELLO SCENARIO DI MERCATO

Il 2023 ha rappresentato dunque un anno dai molti risvolti complicati per il mondo del vino italiano, non solo per la produzione ma anche per i mercati. Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor, ha analizzato le performance dei vini piemontesi, in particolare all’estero. Per quanto riguarda l’export di vini Dop italiani (-0,3% a valore, -3,9% a volumi), quelli piemontesi sono andati meglio della media, nel senso che l’Asti spumante Dop è cresciuto del 5,2% nei valori e leggermente calato nelle quantità esportate (-0,9%). I rossi fermi Dop piemontesi invece hanno subito una contrazione del 2,6% a valori e del 5% a volumi (contro, rispettivamente, un calo del 5,6% e del 8,1% che ha interessato l’intera categoria dei rossi Dop). Guardando ai principali mercati di export dei vini Dop piemontesi, le variazioni rispetto al 2022 si sono manifestate in maniera differente. Così, nel caso dei rossi fermi e guardando ai valori, i principali cali hanno interessato il Canada, la Norvegia, la Germania e il Regno Unito mentre all’opposto si sono registrati aumenti in Francia e Svezia. Per quanto riguarda invece l’Asti Spumante, il valore dell’export (gen-ott 2023 vs 2022) è cresciuto in Lettonia (si tratta per la gran parte di ri-esportazioni in Russia), Germania, Uk, Polonia e Austria mentre è diminuito negli Stati Uniti, Messico e Giappone. Infine, uno sguardo al lunghissimo periodo. Al di là dei fattori congiunturali che hanno interessato (e stanno interessando anche questo inizio 2024, tra l’altro a rischio di peggioramento alla luce delle tensioni geopolitiche in atto) il mercato del vino con gli effetti descritti sopra, vi sono altri elementi – in questo caso strutturali – che devono essere tenuti in considerazione per comprendere i possibili trend futuri del settore. Primo fra tutti l’evoluzione demografica dell’Italia e l’approccio al consumo di vino da parte delle nuove generazioni. Le previsioni demografiche rilasciate dall’Istat mostrano un Paese che al 2050 risulterà meno popoloso (-5 milioni di abitanti rispetto ad oggi) e più vecchio (il 35% della popolazione avrà più di 65 anni). Questo necessariamente si tradurrà in un minor consumo di vino (in quantità) che, comunque, già negli ultimi vent’anni è calato di quasi il 30%. Quindi per mantenere inalterata la struttura produttiva della filiera vitivinicola italiana (con tutti i risvolti positivi che esprime a livello socio-economico per il Sistema Paese e per i singoli territori), occorrerà sia esportare di più (andando anche ad interessare mercati oggi poco presidiati dai produttori italiani) che comprendere per tempo l’evoluzione dei gusti e delle abitudini di consumo dei giovani d’oggi. Giovani che, attualmente nella scelta di acquisto di un vino, sembrano prediligere attributi in parte condivisi anche con le generazioni dei meno giovani (come l’origine territoriale, la valorizzazione dei vitigni autoctoni), altri indicati con maggiore enfasi (vini sostenibili) ma altri ancora dove il divario con la media dei consumatori italiani risulta molto evidente. È il caso dei vini “limited edition” (promossi da influencer o realizzati in collaborazione con imprese del mondo della moda e del fashion), ma soprattutto dei vini adatti alla mixology.

 La pubblicazione è anche scaricabile gratuitamente online andando sul sito www.vignaioli.it

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