Il Cabernet per Attilio Scienza

IMG_5454La zona di produzione del Valcalepio DOC si trova nella provincia di Bergamo ed è compresa nella fascia collinare che va dall’Adda al Lago di Iseo.
Il ventaglio ampelografico bergamasco è decisamente vasto e variegato. I vitigni più importanti sono: bacca bianca: Pinot bianco, Pinot grigio, Chardonnay, Manzoni bianco, Moscato giallo; bacca nera: Merlot, Cabernet Sauvignon, Barbera, Incrocio Terzi n.1, Franconia, Marzemino, Schiava lombarda, Schiava meranese, Moscato di Scanzo.

Sopravvivono anche alcune varietà autoctone quali: Merera, Altulina, Gafforella ed altre che ricordano la storicità della viticoltura locale.

Il Valcalepio Rosso DOC si ottiene da uve di vitigni Cabernet Sauvignon in percentuale variabile dal 25 al 60% e, per la rimanente parte, da Merlot.

Attilio Scienza, l’undici maggio a Castello di Grumello, ha sapientemente introdotto questa seconda edizione di Valcalepio en premier ricordando come sia fondamentale far associare delle emozioni ai consumatori.

Il Cabernet ha origini antiche e dallo studio del suo DNA sembra che provenga dalla Magna Grecia.

Non si può parlare però del Cabernet Sauvignon senza parlare del Cabernet Franc. Sembra che il Cabernet derivi dalla vitis carbonica latina, vitigno che dava un vino dal gusto affumicato e, infatti, il Cabernet Franc ha sentori di pepe e fumé.

Il Cabernet Franc arriva in Francia dopo l’editto di Domiziano 98 d.C. con l’Imperatore Probo, di madre danese, padre romano e moglie aquitana, che ripristinò la viticoltura danneggiata da Domiziano in favore del grano.

Il Cabernet Sauvignon è originato dall’incrocio del Cabernet Franc con il Sauvignon.

Fino al 1700 silenzio, ricompare dopo la grande gelata del 1709 a Bordeaux dopo che il Clairet perde importanza a favore dei vini scuri Cot (Malbec).

In Italia si parla del Cabernet Sauvigon solo dopo la fillossera, ma in realtà era già presente. Arrivato quando alcuni produttori guardando alla Francia cominciarono a piantare viti per i Clairet e anche in Italia si diffuse il termine chiaretto fatto da Cabernet e Merlot. I produttori richiedevano il Cabernet, ma arrivarono anche delle barbatelle di Merlot, che è figlio del Cabernet Franc e di un’uva da tavola Magdeleine Noire des Charentes.cabernet sauvignon

Nel 1785 Secondat lo definisce il “vitigno perfetto” tale “perfezione” è data dal fatto che è un vitigno rustico ed elegante allo stesso tempo.

Fino al 1800 ci furono molti dubbi sul fatto che il Cabernet Sauvignon potesse funzionare anche in Italia, per questo motivo il Ministero fu molto restio a incentivarlo; poi, Guyot, 4 anni prima che la fillossera arrivasse in Francia, studiò la viticoltura attraverso un viaggio e ne parlò in un suo libro.

I vitigni francesi erano oggetto di curiosità da parte di nobili agricoltori e delle prime scuole di agricoltura, 1870, come San Michele all’Adige, Valdobbiadene, Colterenzio, ecc…

L’Italia iniziò a importare da Bordeaux il Cabernet Sauvignon ma in realtà arrivò, inconsapevolmente, materiale misto; all’epoca a Bordeaux c’erano decine di vitigni, ma da noi sono arrivati solo Cabernet e Merlot.

Il Cabernet Franc ha una bassa resa, con grappolo piccolo e il vino ha bisogno di affinamento; il Merlot è più semplice, più morbido, una bassa acidità e meno tannino. Il Cabernet si può dire che sia sempre stato di destra, per l’élite, mentre il Merlot di sinistra, più popolare.

Jean Bondini afferma che già nel 1823 il Cabernet era molto diffuso in Italia e Oudart, grande ampelografo, che si era spinto molto ad Est, diceva che il Cabernet Sauvignon in Italia è un “mulo di un buon cavallo”.

In Italia c’erano molte famiglie nobili che avevano rapporti continui con nobili francesi come il duca Scipione Salviati, che lo impiantò nel 1873 nella sua tenuta pisana di Migliarino e che poi lo regalò a Mario Incisa della Rocchetta. Se si parla di Mario Incisa della Rocchetta e di Cabernet Sauvignon il pensiero non può che andare al Sassicaia e al 1978. In quell’anno, in una degustazione alla cieca, organizzata a Londra, una giuria di esperti indicò nel Sassicaia 1972 il miglior Cabernet Sauvignon tra i 33 campioni provenienti da 11 Paesi compresi i grandi di Francia. Nel 1985, inoltre, il Sassicaia fu considerato unanimemente uno dei più grandi vini mai assaggiati in qualunque zona del mondo.

Attilio Scienza conclude dicendo che il Cabernet Sauvignon ha virtù notevoli, sfugge alle gelate, tollera la botrytis e quindi le piogge insistenti non lo infastidiscono, si raccoglie molto bene a macchina senza incidere sulla qualità del vino, matura in maniera molto omogenea e ha una produzione costante. La qualità è quasi sempre buona, spesso eccezionale, non legata come il Pinot nero ad uno specifico terroir. La nota di peperone, data dalle pirazine, come nel Cabernet Franc, nei terroir di grande vocazione lascia il posto alle note di cedro, liquirizia e frutta.

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