Così nasce GuidoCarlo di Tenuta Santa Caterina

 “Condivido la tradizione piemontese quando sostiene che i vini richiedono tempo per esprimersi al meglio. Pur nella loro diversità, infatti ognuno dei vitigni che coltiviamo dà un prodotto che si valorizza nella lenta maturazione in bottiglia.” In queste poche parole è racchiuso il pensiero di Guido Carlo Alleva, milanese ma con radici monferrine, che nel 2000 acquisisce la settecentesca Tenuta Santa Caterina a Grazzano Badoglio. Ventitré ettari di vigneti, attualmente in conversione biologica. Attraverso uno studio di zonazione si sono scelti vitigni, portainnesti e cloni più adatti alle caratteristiche del terreno per un totale di sei varietà: Grignolino, Freisa, Barbera, Nebbiolo, per i quali vengono utilizzati solo lieviti indigeni, Chardonnay e Sauvignon Blanc.

Dopo una lunga ristrutturazione conservativa dell’intera Cantina, Carlo Alleva si dedica con passione ad una viticoltura orientata alla piena sostenibilità. “Piante micorizzate, messe nelle condizioni ideali per esplorare il terreno e per questo più forti e capaci di assorbire la sua natura minerale e calcarea, con uno sviluppo vegetativo equilibrato, ma gestito con una tecnica agronomica sapiente dei cicli naturali. Potremmo dire che il nostro modus operandi tende al biodinamico, senza tuttavia averne un approccio dogmatico” dichiara Alleva.

Ad affiancarlo c’è Luciana Biondo, agronoma ed enologa che dirige la Tenuta: “Tutte le attività che svolgiamo sono in correlazione, finalizzate al rispetto e alla valorizzazione della fertilità biologica del suolo, approccio molto efficace anche in relazione al cambiamento climatico, perché permette all’apparato radicale di essere sempre più forte rispetto alle condizioni di stress, per esempio, idrico. Inoltre, tra i filari applichiamo il sovescio, che permette di migliorare e arricchire il suolo garantendo maggior attenzione alla biodiversità.”

In primo piano i vitigni autoctoni Grignolino e Freisa che Tenuta Santa Caterina lavora con sapienza e metodi tradizionali fatti di lunghi invecchiamenti. “Anche se considerati minori nel panorama ampelografico piemontese – spiega Alleva – sono due vitigni nobili e solo un sapiente lavoro in vigna, con piante anche di 45 anni, ed in Cantina ne assicura la qualità”. Proprio il Grignolino, versione Monferace, è stato, ed è tutt’ora, il protagonista della sfida di Alleva: un vino che affonda le proprie radici in otto secoli di storia, considerato il vino del Re e applaudito fino agli inizi del ‘900, ma che nel tempo ha perso il suo splendore. Il Monferace, grazie al lavoro Carlo Alleva e di un piccolo gruppo di produttori, sta ottenendo il suo giusto riconoscimento come dimostrano i risultati sulle varie “guide”. 

Sfumature di Chardonnay, così nasce GC Metodo Classico

Lo Chardonnay è annoverato tra i vitigni internazionali, ma nel Monferrato è coltivato dal 1800 e grazie ai bianchi suoli da risultati straordinari. Guido Alleva, perfezionista ed appassionato, decide di andare personalmente in Borgogna per scegliere tre cloni, tra i 34 certificati, per produrre vini dalla spiccata personalità e di grande longevità. “È dalla fine del Settecento che, in Piemonte, si coltiva lo Chardonnay – spiega– e qui trova il suo habitat ideale. Ci sono zone della Borgogna molto simili alle nostre del Monferrato, con terreni ricchi di calcare”.

I primi vini nati sono stati Salidoro e Silente delle Marne. Il primo è un blend di Chardonnay (75%) e Sauvignon (25%) coltivati su suoli di origine marina. Il nome è una sintesi delle sue caratteristiche “Sali” per la sapidità e “d’oro” per il colore che assume grazie all’affinamento in bottiglia. Un vino piacevole, disinvolto, sapido, fresco e minerale. Il secondo è uno Chardonnay in purezza le cui uve provengono dal vigneto Maddalena, situato a 300 metri s.l.m., il nome deriva dal carattere marnoso del suolo da cui nasce. Affina in barrique con periodici battonage manuali, longevo, appagante, caldo e solare, vellutato e dall’accento francese, forse per i cloni utilizzati.

Dallo stesso vigneto di Silente delle Marne nasce GuidoCarlo GC Metodo Classico millesimo 2019, dedicato al Fondatore. “La nascita del nostro Metodo Classico è legata all’evoluzione del lavoro svolto in vigna, dove glisforzi nel tempo sono raddoppiati. Per lo Chardonnay eseguiamo una doppia vendemmia ad ogni annata: se da un lato, infatti, la raccolta delle uve a piena maturazione dona complessità, dall’altro effettuare una selezione anticipata di circa 2/3 settimane, ci garantisce quella freschezza e acidità, che siamo convinti essere ideale per la spumantizzazione. Inoltre, io amo questo vitigno e la tentazione di valorizzarlo anche attraverso questa metodologia è stata irresistibile” spiega sorridendo Alleva. Per il GuidoCarlo la vendemmia è rigorosamente manuale, fermentazione in acciaio con lieviti autoctoni ed affinamento sui lieviti per almeno 36 mesi. “Ci sono molti modi per concepire la produzione di un vino e per noi si tratta di un elemento dove passione ed alchimia si uniscono e attraverso di esso vogliamo trasmettere l’aspetto umano” afferma Guido Alleva, e prosegue “Il GC è frutto di una lunga ricerca che, come per tutti gli altri nostri vini, portiamo avanti costantemente, vendemmia dopo vendemmia, per migliorarci, imparare a dialogare sempre di più con le vigne e raggiungere livelli qualitativi sempre più alti”. E conclude: “Non pensiamo che il vino sia un’opera d’arte, ma di certo deve essere un’ottima opera d’artigianato, perciò, esattamente come gli artigiani, impariamo lavorando ed è proprio questa la parte più bella”.

GuidoCarlo si presenta nel bicchiere con perlage madreperla, un giallo dorato luminoso e un bouquet preciso e varietale. Il sorso è diretto, vellutato e appagante. Vogliamo trovargli un difetto? Pecca di gioventù; ma è veramente un difetto o siamo noi che avevamo così tanta voglia di assaggiarlo che non abbiamo saputo aspettarlo?

Ai posteri l’ardua sentenza… o chi avrà voglia di assaggiare le bottiglie che riposano ancora nelle cantine di Tenuta Santa Caterina

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