Il 20 maggio si celebra in tutto il mondo la giornata mondiale delle api, indetta dall’ONU per sottolineare la loro importanza per il mantenimento della biodiversità. Le api sono infatti fortemente a rischio per via dei cambiamenti climatici e per l’enorme impatto dell’uomo sull’ambiente.
Grazie alle api disponiamo di buona parte della frutta e verdura che mangiamo; la produzione del miele non è, quindi, il motivo per cui è importante salvaguardarle: è in gioco qualcosa di molto più grande. Se si pensa alle api la prima cosa che viene in mente è il miele, un dolcissimo prodotto frutto del loro lavoro.
La definizione di miele ci viene dal Decreto Legislativo 21 maggio 2004 n°179
“Per miele si intende la sostanza dolce naturale che le api (Apis Mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parte vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”.
I processi chimici che determinano la trasformazione del nettare o della melata in miele iniziano nella “borsa” melaria dell’ape operaia, qui gli enzimi iniziano a scindere lo zucchero, presente nella materia prima in glucosio e fruttosio. Giunta nell’alveare l’ape passa il bottino ad un’altra ape e da questa ad un’altra ancora. Nel corso di questi trasferimenti si ha una riduzione del contenuto in acqua e un arricchimento delle secrezioni ghiandolari delle api, i cui enzimi completano la trasformazione. A questo punto il miele viene depositato nel favo. Nell’alveare avviene l’evaporazione della parte liquida fino a raggiungere un contenuto di acqua intorno al 15/20% infine la cella viene sigillata con un tappo di cera.
Non esiste un solo tipo di miele, ma si deve parlare di mieli; si definisce uniflorale, quando questo proviene principalmente da un’unica origine botanica e ne risulta sufficientemente caratterizzato dal punto di vista della composizione e delle caratteristiche organolettiche e microscopiche. Il loro pregio consiste nell’unicità delle caratteristiche organolettiche e a volte nella limitata produzione, come per il miele di Corbezzolo.
Troviamo Mieli “poco caratterizzanti” come Robinia (Acacia) o Rododendro; Mieli “floreali o fruttati” come Rosmarino, Lavanda, Agrumi, Cardo, Ailanto e Nespolo giapponese; Mieli “vegetali” come Asfodelo, Sulla, Girasole e Erba medica; Mieli “poco fini” come Eucalipto, Tarassaco e Colza; Mieli “chimici” come Timo e Tiglio; Mieli “caramellati” come Erica, Melata di Metcalfa e Melata di abete; infine Mieli “amari” come Castagno e Corbezzolo.
Quale scegliere? Non è possibile, e non sarebbe giusto, fare una graduatoria di qualità, ognuno dovrebbe scegliere quello che più si addice al proprio gusto. Generalmente si può dire che i mieli più neutri e delicati tendono a piacere ai più, mentre per quelli amari come Castagno e ancor più il Corbezzolo tendono ad avere un pubblico più limitato.
I millefiori sono tutti uguali? Assolutamente no, i mieli millefiori tendono a rappresentare un terroir, ecco quindi il Millefiori di Montagna, i Mieli di Spiaggia e quelli prodotti sulle isole, tutti da scoprire e assaggiare.
La conoscenza delle caratteristiche sensoriali del miele assume un ruolo fondamentale quando si parla di abbinamenti. Ecco qualche esempio: L’Asiago DOP è perfetto con il Millefiori dell’ Altopiano di Asiago; il Bitto DOP con il Rododendro; il Parmigiano Reggiano DOP con l’Erba medica; il Pecorino Toscano DOP con l’Erica; la Ricotta Romana DOP con l’Ailanto; la Casciotta d’Urbino con il Girasole; la Mozzarella di Bufala Campana DOP con la Sulla e la Fontina DOP con il Tarassaco.
Largo quindi alla fantasia e cerchiamo di rispettare la natura!