L’ Académie du Champagne, l’evento annuale del Bureau du Champagne in Italia dedicato all’alta formazione sulla denominazione, si è svolto il 20 novembre a Milano e ha avuto come tema “Le tre dimensioni dello Champagne”. Tre masterclass, per 15 cuvée, in cui si è parlato dei tre principali vitigni della Champagne, delle tre fermentazioni nell’elaborazione di uno Champagne e dei tre stadi di evoluzione nella formazione degli aromi. Tutto questo sapientemente spigato dagli Ambasciatori dello Champagne Andrea Gori e Pietro Palma e da Helga Barroso, enologa del Comité Champagne. Il numero tre è stato il filo conduttore dell’Académie du Champagne 2018.
Si inizia con Andrea Gori, Ambasciatore dello Champagne 2011, che spiega i 3 vitigni principali della Champagne: il Pinot Nero, che regala corpo e struttura, il Meunier, morbidezza e rotondità e lo Chardonnay vivacità e mineralità. Ogni Maison decide, successivamente, come creare il magico assemblaggio che troviamo all’interno di ogni singola bottiglia di Champagne. Ricordiamo che il Meunier, nonostante sia un’antica mutazione del Pinot Nero, ormai è riconosciuto come una varietà distinta (INRA 2012).
Cuvée in degustazione: A. Bergère Les Clos; Ernest Remy Grand Cru Blanc de Noir; Laurant Perrier Cuvée Rosè; Pommery Apanage Blanc de Blancs Brut; Veuve Clicquot Rosé.
Il secondo intervento è stato tenuto da Helga Barroso, enologa formatrice del Comité Interprofessionnel du vin de Champagne (CIVC), e ha avuto come tema le tre fermentazioni. Tre, infatti, sono le tappe fondamentali che racchiudono la magia dell’elaborazione di uno Champagne: la fermentazione alcolica, che trasforma il mosto in vino, la fermentazione malolattica, un passaggio strategico frutto della scelta dello chef de cave, che non sempre viene “nominata”, e la fermentazione in bottiglia, che dona l’effervescenza. Durante questa edizione si ha avuto per la prima volta in Italia la possibilità di degustare un vin claire, ovvero un vino fermo di Champagne destinato all’assemblaggio e poi successivamente rifermentato in bottiglia. Questa magica esperienza è stata possibile grazie al CIVC che ha ottenuto un permesso speciale dal Governo Francese per esportare un vino altrimenti non destinato ad uscire dalla Cantina. La fermentazione malolattica serve per dare rotondità al vino, equilibrando l’acidità nella cuvèe.
Cuvée in degustazione: Duval-Leroy Fleur de Champagne Brut Premier Cru; Lanson Black Label; Taittinger Prélude Grands Crus.
Infine, ecco i tre stadi dello sviluppo degli aromi, in quest’ultima masterclass ci ha accompagnato
. Dopo la prise de mousse lo Champagne comincia la sua evoluzione con l’affinamento sui lieviti, l’autolisi dei lieviti e i fenomeni di ossidazione. Attraverso questi due processi e dalle scelte delle Maison ritroviamo nelle bottiglie sia lo splendore della giovinezza che l’equilibrio della maturità ed infine la complessità della pienezza. Il tempo minimo di affinamento sui lieviti è di 15 mesi per gli Champagne non millesimati e 36 per i millesimati, ma questo non impedisce di lasciar riposare i vini anche per 10 anni.
Cuvée in degustazione: Collard Picard Cuvée Prestige; Delamotte Blanc de Blancs 2008; Deutz Hommage à William Deutz 2010; Moët & Chandon Grand Vintage 2009; Paul Louis Martin Cuvée Vincent Grand Cru 2011; Vielle France Cuvée Brut Millésimé 2006.
Dare dei giudizi ai vari Champagne mi sembra improprio perché , data l’indiscussa qualità, entra in gioco il gusto personale. Sicuramente la vera sorpresa della giornata è stato il poter degustare un vin claire , un privilegio esclusivamente riservato durante le visite in cantina. Per il 2019 che sorpresa ci riserverà l’Académie du Champagne… non ci resta che attendere!