Con l’approvazione del disciplinare di produzione da parte del Dipartimento delle Politiche Europee e Internazionali e dello Sviluppo Rurale della Repubblica Italiana – avvenuta con Decreto del 22 marzo 2017 – il VERMOUTH di TORINO è un’IG: un’INDICAZIONE GEOGRAFICA. Il riconoscimento formale da parte delle autorità competenti dell’anima piemontese di questo “vino bianco di lusso, profumato, alcolizzato e aromatizzato con diverse droghe”, come viene definito il VERMOUTH in una fonte ottocentesca relativa alla sua produzione, citata da Pierstefano Berta – Direttore del CONSORZIO del VERMOUTH di TORINO – durante una masterclass tenutasi presso la Banca del Vino di Pollenzo, il 27 giugno 2025, con l’obiettivo di dare l’avvio a un percorso destinato alla formazione di ambasciatori della nuova denominazione.
Un riconoscimento che è un “punto e a capo”, racconta Roberto Bava, Presidente del CONSORZIO del VERMOUTH di TORINO, fondato nel 2019 con lo “scopo principale” di garantire “la tutela, la promozione, la valorizzazione, la vigilanza e la cura generale degli interessi della IG VERMOUTH di TORINO – VERMUT di TORINO”. Portando avanti, in questo, il lavoro iniziato dall’ISTITUTO del VERMOUTH di TORINO, costituito nell’aprile 2017, all’indomani dell’approvazione del disciplinare, a firma dei Soci Fondatori, rappresentanti delle aziende promotrici dell’iter legale sfociato nella nascita della denominazione: Berto, Bordiga, Del Professore, Carlo Alberto, Carpano, Chazalettes, Cinzano, Giulio Cocchi, Drapò, Gancia, La Canellese, Martini & Rossi, Mulassano, Sperone, Torino Distillati, Tosti.
Un “punto e a capo” che ha innescato una crescita della produzione del VERMOUTH di TORINO dai circa 2 milioni di litri del 2018 ai più di 5 milioni di litri del 2024, con un tasso di incremento medio annuo di circa il 24,7%. Incrementato anche il prezzo medio di vendita nel mondo: dai 17,92 euro al litro rilevati sul mercato nel 2018 ai 25,20 euro rilevati nel 2024, con un fatturato pari, per l’intera denominazione, a 32,6 milioni di euro nel 2018 e a 172,2 milioni di euro nel 2024, con una quota export attualmente assestata sul 65% della produzione totale, in 82 Paesi in tutto il mondo.

Un nuovo inizio di grande successo accompagnato da una serie di azioni intraprese dal CONSORZIO e finalizzate alla difesa e tutela del nome della nuova IG, quali la registrazione di una serie di marchi in Italia e nei Paesi che costituiscono il mercato estero del VERMOUTH di TORINO (con una particolare enfasi su UK e USA): L’ORA del VERMOUTH®, LA STRADA del VERMOUTH®, il VERMOUTH di TORINO®, il VERMUT di TORINO®. Registrato anche il LOGO del Consorzio, disegnato nel capoluogo piemontese, compendio grafico degli elementi connotanti l’IG: una “V”, che sta per “VERMOUTH” (in francese, perché “francesi sono le origini del “VERMOUTH””, racconta il dr. Berta) e “VERMUT” (in piemontese, perché in Piemonte il “VERMUT” ha trovato il proprio territorio di elezione), con entrambe le versioni del nome della IG rappresentate in chiaro nel marchio. Una “V” che sta anche per “Vino”, contenuto almeno in quota pari al 75% del totale della massa nel VERMOUTH-VERMUT di TORINO e ingrediente distintivo dell’IG, assieme all’Assenzio, specie di pianta appartenente alla famiglia delle Artemisie, rappresentato nella grafica della “V” attorno alla quale si sviluppa l’intera struttura del logo.

A partire dal 2026 ogni bottiglia di VERMOUTH di TORINO dovrà riportare in etichetta i riferimenti all’IG obbligatori per legge, tra i quali, il logo della Comunità Europea. L’uso del marchio del Consorzio per i soli soci sarà, invece, volontario. Auspicabile, forse, però, se l’obiettivo è arrivare a “unificare lo storytelling” – come dichiara il dr. Bava – che dovrebbe partire dal “punto e a capo”, dal momento in cui il disciplinare è stato riconosciuto, e dovrebbe seguire una “traccia comune di comunicazione”, articolata su alcuni “elementi chiave”, in modo da massimizzare l’efficacia di ogni azione finalizzata alla diffusione di informazioni e alla creazione di relazioni e contatti intrapresa dal Consorzio verso i propri mercati, e verso i propri stakeholders in generale.
Al mondo deve essere comunicato che oggi il VERMOUTH di TORINO è sempre prodotto come da tradizione. Non più solo bianco (“da bianco a giallo paglierino a giallo ambrato”, specifica il disciplinare), com’era all’atto della sua nascita, ma anche rosso (“in tutte le tipologie e tonalità”). Sempre totalmente figlio del suo territorio di origine, il Piemonte (precisamente, l’areale di Torino), regione all’interno della quale la produzione di VERMOUTH è attiva fin dalla fine del XVIII secolo, attestano le fonti, e all’interno dei confini della quale devono essere oggi condotte tutte le pratiche di elaborazione e confezionamento per il VERMOUTH di TORINO® IG. Con l’importante novità – a partire dal 2024 – di una produzione certificata dall’Agenzia delle Dogane per tutte le aziende impegnate nella filiera. Con, in più, l’adesione a un piano di controllo obbligatoriamente richiesta ai soci del Consorzio.

Come da tradizione anche le materie prime: vino (“uno o più prodotti vitivinicoli italiani”, recita il disciplinare, con minimo il 50% di questo ingrediente proveniente dal Piemonte per il VERMOUTH di TORINO nella tipologia “SUPERIORE”), alcool (da distillazione del vino, della canna da zucchero o della barbabietola, utilizzato per raggiungere il contenuto percentuale alcolico volumico minimo previsto dal disciplinare – 16% vol., oppure 17% vol. per la tipologia “SUPERIORE” – con un massimo del 22% vol. per entrambe le tipologie), zucchero (bianco, raffinato, liquido, oppure sotto forma di sciroppo o di mosto di uve concentrato, così come definiti nel disciplinare in riferimento alla normativa vigente, utilizzato per equilibrare – con la sua dolcezza – la nota amara dell’Assenzio e presente in quantitativo inferiore a 30 grammi/litro nel VERMOUTH di TORINO “EXTRA DRY”, inferiore a 50 grammi/litro per la versione “DRY”, superiore a 130 grammi/litro per la versione “DOLCE”). Eventualmente, anche caramello, unico additivo ammesso per la definizione del colore del VERMOUTH di TORINO, nelle ricette che lo richiedono.
Ed estratti aromatici di erbe, spezie, fiori, frutti, cortecce, semi, radici, rizomi. Tutti provenienti esclusivamente dalla Natura. Quelli tradizionalmente utilizzati e catalogati sono all’incirca 90: santoreggia, salvia, rabarbaro, macis, noce moscata, baccello di vaniglia, cardamomo, angelica, cannella, camomilla, melissa, basilico, calamo aromatico, china, anice stellato, arancio amaro, zenzero … Obbligatoriamente, l’Artemisia “specie absinthium” (nome scientifico dell’Assenzio) “e/o pontica” (Assenzio Gentile), “coltivata e/o raccolta nell’intero territorio della Regione Piemonte” lungo una filiera controllata, presente nella quantità minima di “0,5 grammi di pianta essiccata (sommità fiorita) per ogni litro di prodotto finito”. La combinazione e il dosaggio degli estratti aromatici costituisce la firma dei titolari di ricette che sono uniche e segrete. Per alcuni produttori, tramandate da generazioni.
Erbe e spezie ed estratti utilizzati per la produzione del VERMOUTH di TORINO®
Non esistono due ricette uguali e ogni etichetta è un unicum nell’universo poliedrico e variegato del VERMOUTH di TORINO. E l’obiettivo del produttore sta proprio qui, nell’arrivare a formulare una sintesi unica degli ingredienti, tra tutte le combinazioni possibili, connotata da una identità inconfondibile e gradevole, equilibrata, armonica, tramite un vero e proprio atto creativo che richiede una magistrale padronanza del processo produttivo e una solida esperienza, oltre che una approfondita conoscenza dei capisaldi dettati dalla tradizione. Molte competenze diverse che hanno portato a una specializzazione dei ruoli all’interno della filiera della IG VERMOUTH di TORINO, definita nello Statuto del CONSORZIO, al quale si possono associare “coltivatori e/o raccoglitori, elaboratori, imbottigliatori, titolari della ricetta”, ciascuno riunito nella propria specifica categoria di appartenenza e tutti operanti secondo le indicazioni del disciplinare. “Solo la ricetta è tua”, specifica il dr. Bava, “non è detto che lo sia l’attrezzatura per la sua produzione”. Un VERMOUTH di TORINO prodotto da un titolare di ricetta in un opificio esterno rientra nella prassi, quindi, e non ha alcuna correlazione con il valore del prodotto finito per il mercato. All’opposto di quanto accade per un vino.
E differentemente da quanto in essere per un vino, per il VERMOUTH di TORINO non esiste una metodologia di valutazione tecnica codificata, una “scheda di valutazione” articolata in una serie di parametri qualitativi standardizzati. Non ancora, quantomeno. Il CONSORZIO sta valutando l’opportunità di formularla, anche con la collaborazione di AIS Piemonte, coinvolta il 16.11.2019, dopo il riconoscimento dell’IG, nella prima degustazione ufficiale dei VERMOUTH di TORINO di tutti i soci, che oggi sono 48.
Etichette prodotte dai soci del CONSORZIO del VERMOUTH di TORINO conservate nella Banca del Vino di Pollenzo
Durante la masterclass tenutasi a Pollenzo sono stati serviti tre campioni identificati da una comune etichetta con il simbolo della città di Torino disegnato sopra, dal logo del Consorzio e da una capsula di colore analogo a quello del contenuto nella bottiglia. Tutti estremamente gradevoli. Ognuno a suo modo, con il proprio specifico carattere: fresco e corroborante fin dal naso grazie a esalazioni di anice e rosmarino e salvia, arricchite dal dolce aroma del miele, dal sorso gradevolmente amaro, il VERMOUTH di TORINO BIANCO (bianchissimo, con venature del colore del burro) servito per primo; inebriante di tutti i sentori del sottobosco, dalla corteccia al muschio, all’ago di pino e bacche di ginepro, dal sorso essenziale, raffinato, il VERMOUTH di TORINO BIANCO (giallo paglierino) servito per secondo; dal profilo olfattivo evoluto, affumicato, speziato, dolce d’arancia, dal sorso estremamente dissetante il VERMOUTH di TORINO ROSSO. Effettivamente difficile farli rientrare dentro i parametri di valutazione utilizzati per un vino.
Auspico una nuova prossima giornata di formazione con il CONSORZIO, quindi, per poter partecipare a un’ulteriore sessione di degustazione guidata. Nel frattempo, non perderò occasione di allenarmi all’assaggio del VERMOUTH di TORINO. Servito liscio, freddo,temperatura consigliata: 7°, con una scorzetta di limone, come da tradizione. Dentro un bicchierino o calice da Vermouth, con lo stelo, in modo da ricordare sempre che il Vermouth viene dal vino. Mentre un tumbler, alto o basso, andrà benissimo per un cocktail, invece. Il VERMOUTH di TORINO è molto utilizzato nella mixology e numerosi e famosi sono i cocktail che lo prevedono come ingrediente: Negroni, Martini Dry, Americano, Manhattan, Torino-Milano, Boulevardier … Non c’è che l’imbarazzo della scelta.
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