Ci sono vini che raccontano una storia, e poi ci sono aziende che la fanno vivere in ogni calice. La storia di una terra, di mani sapienti e di una passione tramandata di generazione in generazione, Monsupello incarna la storia del Metodo Classico italiano: sinonimo di equilibrio, identità e territorialità.
Ci troviamo in Oltrepò Pavese qui nasce Monsupello, fondata a Torricella Verzate nel 1893, ma ci sono atti che risalgono anche al 1850.
L’azienda, come la conosciamo oggi, ha preso forma nel 1959, su intuizione di Carlo Boatti che, insieme alla moglie Carla, determinò il percorso di rinnovamento. Oggi la storia prosegue con i figli, Pierangelo e Laura, e con una squadra di persone legate a questa azienda, come una grande famiglia. La storia di Monsupello si intreccia con quella del territorio dell’Oltrepò Pavese e dei vigneti di Pinot nero.
Pierangelo e Laura Boatti, rispettivamente chef de cave-direttore commerciale e direttore creativo, insieme alla mamma Carla, o meglio La Carla, come si dice da queste parti, proseguendo la strada tracciata da Carlo Boatti, portano avanti Monsupello verso nuovi traguardi. Al loro fianco gli enologi Stefano Torre e Federico Fermini: a loro il compito di mantenere lo stile della Maison, componendo le annate, coordinando le attività in vigna con l’agronomo Giovanni Bigot, e monitorando la produzione in cantina. Oggi l’azienda conta 50 ettari di proprietà e 15 in affitto.
Un nuovo capitolo, una nuova sfida dell’azienda inizia a Milano con la presentazione in super anteprima della nuova etichetta che porta la firma di Pierangelo Boatti.
Un vino che è stato fatto con l’idea di piacere, di essere immediato, che non ha bisogno di essere capito. Un calice fine, elegante e di grande piacevolezza. «Una bottiglia che si deve finire, questo è il più grande complimento che si possa fare a un enologo, vedere la bottiglia vuota in poco tempo -afferma Federico Fermini, enologo dell’azienda. – Questo, infatti, vuol dire che è piaciuta»
«Un Pinot nero vinificato in rosa c’è già (Pinot Nero Brut Rosé), mancava un Blanc de noir – afferma Laura Boatti – Il disegno il riprende l’etichetta del Blanc de Blancs 100% Chardonnay, mio fratello aveva proposto l’etichetta verde e io avevo pensato a quella nera visto che è un Blanc de Noir».
Il primo vigneto dell’azienda è Ca’ del Tava, che il bisnonno aveva iniziato a lavorare, successivamente lo stesso ha dato il nome a un’etichetta di spumante (60% Pinot Nero, 20% Chardonnay). «Mentre il Blanc de Blancs Chardonnay l’ho dedicato a mia mamma e porta la sua firma.» racconta Pierangelo Boatti. Infatti, nel loro catalogo vini sotto il Blanc de Blancs troviamo scritto, Cuvée dedicata alla “Signora Monsupello” Carla Dellera Boatti.
Pinot noir voce dell’Oltrepò Pavese
Con i suoi circa 3.500 ettari di terreni, il distretto dell’Oltrepò Pavese è in Italia il più importante per la produzione di uve di Pinot Nero, mentre nel mondo si trova al terzo posto, dopo Champagne e Borgogna. In Oltrepò Pavese il Pinot nero si esprimere con successo con due anime, quella elegante della vinificazione in rosso e quella della raffinata bollicina Metodo Classico e Monsupello interpreta magnificamente entrambe.
Oggi tutta l’attenzione è posta sulla nuova etichetta Blanc de Noir Pierangelo Boatti Oltrepò Pavese DOCG Pinot nero Metodo Classico Extra Brut, il primo spumante DOCG dell’azienda.
Le uve non arrivano da un solo vigneto, ma da vari vigneti, che vanno dai 20 ai 30 anni, con posizioni strategiche tra quelli più vocati per questo vitigno. Questo Pinot Nero vuole essere la massima espressione, la sublimazione del vitigno attraverso eleganza e piacevolezza di beva. Ha un affinamento di minimo 36 mesi sui lieviti che, in seguito, potranno arrivare fino a 50/60 mesi, perché molte bottiglie sono ancora in catasta. Non tutte le 10.000 bottiglie prodotte verranno vendute nel 2026, quindi continueranno il loro riposo sui lieviti.
Nel calice un oro antico lucente sprigiona catenelle di bollicine che danzano nel bicchiere. «Al naso sentirete tantissimo il ribes oltre a note di pepe nero, ma soprattutto i frutti rossi – racconta Pierangelo – che sono tipici del Pinot Nero che noi raccogliamo proprio a maturazione completa. La vendemmia è manuale in piccole cassette. Attraverso la pressa si estrae solamente i primi 45 litri su 100 chili. L’uva viene resa inerte con del ghiaccio secco per abbattere la temperatura e non filtriamo nessun mosto prima dalla fermentazione. Si separa solamente facendo precipitare le fecce fini. Niente malolattica e niente legno per questa bollicina. Abbiamo voluto fare qualcosa di molto semplice, ma estremamente elegante. Un grande spumante che vuole essere la celebrazione del Pinot nero senza tanti fronzoli, un lavoro di valorizzazione della vigna».
Si è voluto mantenere il lavoro che Pierangelo, insieme agli enologi Stefano Torre e Federico Fermini, ha fatto in cantina con una “enologia conservativa” quello di non perdere nulla, senza spogliarlo, ma anche senza caricarlo, senza aggiunte, tutto questo per avere un prodotto pulito e fine. Un’etichetta che non verrà prodotta tutti gli anni, ma solo in quelli migliori, come avviene per Ca’ del Tava. Ma ritorniamo un attimo al calice da cui oltre ai sentori di piccoli frutti rossi e al pepe, notiamo anche note di mela annurca, melograno, mirto, erbe aromatiche con un secondo naso che ci regala soffi balsamici e mentolati. Un vino vibrante, schietto, una lama gentile che ti fa risuonare, poi con il rialzo della temperatura fa intravedere note di rotondità che andranno ad aumentare con la sosta sui lieviti. Un vino che si beve e si continua a bere, un calice chiama l’altro.
Vorrei concludere con una frase che un famoso chef de Cave ha detto a Pierangelo “si deve trattare l’uva come uova” si deve sempre maneggiare l’uva con la stessa delicatezza, evitando di schiacciarla o danneggiarla, sia durante la raccolta che il trasporto… perché tutto parte da lì.



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