Si è conclusa, con sabato 24 gennaio, la quinta edizione di OlioOfficina, l’appuntamento annuale per gli appassionati di olio di Milano e non solo.
Il tema di quest’anno è stato “Avanguardia”: riconoscere la capacità di precorrere i tempi dimostrando di avere nuove idee e di pensare nel contempo a nuove formule e a nuovi stili. Essere all’avanguardia significa dimostrare di avere il coraggio delle proprie azioni ed esprimere un pensiero anche controverso, se necessario, senza timore di affrontare la corrente avversa. Essere all’avanguardia equivale a osare e a superare ogni paura, anche perché non si può avere paura del futuro e arroccarsi sempre sulla difensiva, vedendo nemici e ostacoli ovunque, denunciando perfino complotti, pur di rinunciare a soddisfare la naturale sete e fame di futuro che ciascuno di noi possiede. Dire avanguardia implica l’assunzione di una responsabilità. Il nuovo fa paura, e ci vuole coraggio e tanta determinazione, ma quest’atto di decisione e fermezza va indirizzato nella direzione giusta: sempre guardando avanti. Così Luigi Caricato, ideatore ed artefice della manifestazione, introduce quest’ultima edizione.
Nella giornata di sabato si è toccato il tema delle Olivicolture estreme, moderatore della sessione è stata Laura Pantaleo Lucchetti, giornalista varesina, profonda conoscitrice di olio e storie locali.
Si è iniziato parlando di “olivo e olio nella provincia di Varese”. Può sembrare strano, ma sì, si produce olio a Varese. Relatori, appassionati e appassionanti, sono stati Santo Cassani, storico locale, e Enrico Marocchi, Presidente degli olivicoltori varesini.
È stato presentato un documento inedito quale prova della storicità della produzione olearia in un territorio che sembrava poco incline alla coltivazione dell’olio e che invece riserva sorprese agli stessi abitanti del luogo. L’olio del Lago di Varese festeggia i suoi primi 10 anni; tutto iniziò quando il parroco, Don Pietro Giola, durante la guerra del Kosovo, piantò un olivo davanti alla Chiesa di Sant’Imerio. Da allora quello diventò l’olivo della pace e l’olio prende il nome di “olio di Sant’Imerio”; l’etichetta è stata ripresa da un disegno dello stesso parroco.
Qualche dato: 1400 olivi, 10,5 quintali raccolti quest’anno che hanno regalato 798 bottiglie.
La raccolta e tutte le fasi della produzione sono realizzate grazie ai volontari e l’intero ricavato della vendita dell’olio viene usato per sostenere cause benefiche.
Le piante sono un po’ ovunque, vanno da giardini di ville private a oliveti classici e nel 2011 sono stati piantati 90 ulivi nel parco pubblico di Monte Bernasco a cui successivamente se ne sono aggiunti altri 25.
Già nell’antichità questa zona era vocata alla produzione dell’olio; la prima pergamena è ante 950, dove troviamo citata Vultruna, in località Benedictio, in cui si parla della presenza di un frantoio. Si apre così la prima traccia dell’olio.
Da questa pergamena si evince un collegamento tra Bosto e il frantoio di Oltrona che da prima del 1000, Alto Medioevo, era funzionante, ma non solo, da studi più approfonditi sembrerebbe che già in epoca romana la coltivazione dell’olivo era presente in queste zone.
Tornando ai giorni nostri…perché non provare una piccola bottiglia di olio di Sant’Imerio cogliendo l’occasione della manifestazione “Olio di Lago di S. Imerio”.