“Il fulcro della comunicazione di Ripa della Volta è quanto siamo sostenibili a prescindere dalla certificazione biologica” in questa risposta dell’enologa Emanuela Fiore a un collega che chiedeva come mai non avesse mai parlato di biologico nonostante la presenza del “Logo biologico dell’UE” in controetichetta, è racchiusa tutta la filosofia dell’azienda.
Per noi il biologico è “servizio atteso”, aggiunge Andrea Pernigo, titolare di Ripa della Volta ,“e quando è servizio atteso non lo si comunica più, da qui l’uso dell’indice Bigot, noi vogliamo far funzionare questa azienda come un organismo agricolo, è un passo successivo alla certificazione biologica. Noi non siamo né migliori né peggiori di altri, siamo Ripa della Volta ed esprimiamo il nostro valore”.
Ma facciamo un passo indietro, con l’evento Respira la Valpantena Andrea Pernigo ha aperto le porte della sua azienda e dischiuso la sua filosofia a un pubblico di giornalisti, affiancato da Emanuela Fiore, enologa dell’azienda, Cristina Mercuri, comunicatrice del vino e fondatrice e CEO di Wine Club, e Francesca Faruolo, direttrice e autrice della rivista Smell Magazine oltre che fondatrice e direttrice didattica di Smell – Atelier di Arti Olfattive.
Ripa della Volta è stata fondata nel 2015 da Andrea Pernigo con una visione chiara: creare vini che possano rappresentare autenticamente questa terra e le sue tradizioni millenarie. Guidata da una filosofia produttiva orientata alla sostenibilità, l’azienda rappresenta un progetto contemporaneo radicato in un profondo rispetto per la terra che si concretizza nella coltivazione biologica per preservare il suolo e arricchirlo nel tempo.
Ripa della Volta si trova in Valpantena, nel cuore della Valpolicella, e il suo nome deriva dal ritrovamento all’interno di un mappale del 1600. L’attuale cantina sorge a circa 500 mt di altitudine vicino a dove sorgeva una villa veneta circondata da vigneti, rappresentata in questo mappale e che portava questo nome.
La Valpantena è un’unica valle molto stretta, che arriva fino a 570 m di altitudine caratterizzata da microclima e terroir particolari. Ventosa, asciutta, con maggiore escursione termica e giornate con illuminazione più intensa che favorisce un allungamento dei tempi di maturazione in vigna e conferisce ai vini un’acidità diversa rispetto a quelli della Valpolicella classica. Inoltre, i suoli alcalini, ricchi di calcare e di materiale organico premiano la struttura, la texture.
Ripa della Volta si estende su venticinque ettari, quindici dei quali a vigneto e i restanti a uliveto e coltivazione di erbe aromatiche in un vero e proprio ecosistema agricolo dove ogni elemento, grazie al riutilizzo degli scarti delle singole produzioni, contribuisce al circolo virtuoso della sostenibilità; la cantina è stata studiata proprio per la produzione.
L’attenzione alla natura e all’ambiente si estende anche all’apporto umano, tutti i dipendenti e collaboratori possono esprimersi e sentirsi coinvolti un po’ “a casa”; da 12 mesi è iniziato un progetto, un cambiamento, basato sulle indicazioni del titolare che suggeriscono uno stile di vita e non solo un approccio lavorativo.
Questo progetto è partito con l’ingresso in azienda dell’enologa Emanuela Fiore e della consulenza di Giovanni Bigot, ad oggi uno dei maggiori esperti di viticoltura biologica e dell’adozione dell’applicazione 4Grapes sviluppata da quest’ultimo.
L’app 4Grapes ha dato finalmente una risposta scientifica all’individuazione dei vigneti migliori attraverso il calcolo di un indice, l’Indice Bigot, appunto, che attraverso nove parametri conduce analisi scientifiche ed una raccolta di dati che permettono di assegnare un punteggio matematico ai vigneti.
Tutto il personale usa l’applicazione, ha frequentato dei corsi di formazione specifici e lavora senza mai perdere di vista i 9 parametri: produzione, superficie fogliare esposta (SFE), rapporto tra metri quadri di foglie e quantità di uva per ceppo, sanità delle uve, tipo di grappolo, stato idrico della pianta, vigore vegetativo, biodiversità e microrganismi, età del vigneto.
Con i tre capisaldi del lavoro in vigna: osservare, dedurre, agire, vengono analizzati i punteggi per valutare l’omogeneità della qualità delle uve e comprendere dove e come intervenire per migliorarla. Un punteggio alto garantisce uve sane e una composizione ottimale di un vino che andrà a raccontare un territorio. I vigneti di Ripa della Volta sono caratterizzati da punteggi elevati, per la maggior parte superiori a 85 e da buona omogeneità.
Con questi approcci i vini sono figli dell’annata e del territorio, rispondendo al crescente interesse dei consumatori per i vitigni autoctoni e per vini che riflettono un terroir; la comunicazione è estremamente importante per permettere al pubblico di individuare le aziende che hanno sposato questi valori e ne hanno fatto la propria filosofia.
Nella filosofia di una continua attenzione sia all’ambiente che all’evoluzione del gusto e delle esigenze dei consumatori, una parte della cantina è dedicata alla sperimentazione, qui si praticano fermentazioni spontanee con attrezzature innovative, tra cui le anfore Tava che hanno la particolarità di essere cotte per molto più tempo a temperature molto più alte in modo che si chiudano tutti i pori e non vi sia scambio di ossigeno. In questo “laboratorio” si studiano vini e metodi che negli anni diventeranno il timbro identificativo di Ripa della Volta.
Microvinificazioni in acciaio dai singoli vigneti consentono di capire le caratteristiche dei vini prodotti da ogni zona in modo da riuscire a conferire più sfumature nell’assemblaggio.
Le fermentazioni spontanee vengono impiegate in tutta la produzione, ma il termine non deve trarre in inganno, non vuol dire che i mosti vengono abbandonati a sé stessi, ma viene effettuato un rigoroso controllo tecnico e scientifico. Una settimana prima della raccolta, in ogni appezzamento, vengono raccolte delle cassette di uva, a seconda della produzione totale e si dà inizio a una fermentazione naturale che permette di selezionare e riprodurre i lieviti indigeni più adatti, le famiglie di lieviti che possono dare sentori sgradevoli o che non porterebbero a termine la fermentazione vengono eliminate per selezione naturale, si crea così un pied de cuve che verrà aggiunto all’intera massa per innescare la fermentazione. Il vantaggio è quello di usare lieviti, che derivano dal vigneto, che non danno sentori estranei e permettono di ottenere un vino preciso, espressivo del terroir. L’arte del non intervenire che inizia in vigna continua in cantina, ma è possibile non impattare solo se si conosce perfettamente quello di cui si dispone. Le temperature in fermentazione vengono tuttavia controllate, la tecnologia non deve essere demonizzata, ma utilizzata lo stretto necessario, con approccio scientifico, l’uomo dev’essere un attore coprotagonista, senza prendere il sopravvento sulla natura.
Eleganza, modernità e territorialità sono le caratteristiche che emergono alla degustazione, magistralmente condotta dalla futura Master of Wine Cristina Mercuri, affiancata da Francesca Faruolo che ha espresso il punto di vista di chi lavora nell’ambito della profumeria e ha proposto fragranze individuabili nei vini.
I vitigni utilizzati: Corvina, Corvinone, Oseleta, Rondinella, Molinara e Turchetta, una varietà autoctona ritrovata all’interno della proprietà, caratterizzano i vini con sentori floreali di rosa e violetta, frutta rossa, spezie; un filo conduttore dell’azienda è la spiccata balsamicità. “Quando si lavora ogni giorno con le erbe officinali” spiega Andrea Pernigo, “è inevitabile che lavorando sui blend in azienda escano queste note nei vini, i nostri vini sono più balsamici perché li ricerchiamo così, è nel nostro DNA”.
Valpolicella Superiore DOC 2022
Un vino contemporaneo, adatto anche all’estate, di colore tenue, con bassa alcolicità (12%), tannini contenuti e setosi, un bouquet di frutta rossa appena matura, rosa, violetta e una leggera speziatura di pepe. La mancanza di appassimento lo rende il vino più espressivo del territorio e dei vitigni, verticale e profondo.
Valpolicella Ripasso DOC 2021
Mentre le versano nel calice arriva al naso il profumo delle uve in appassimento sentito nel fruttaio, la parte più caratteristica delle cantine della Valpolicella dove i ragazzi che controllano quotidianamente le cassette una per una dimostrano una cura maniacale, dopo un anno di scelte fatte in vigna continuano ad accompagnare i grappoli prima delle lavorazioni in cantina.
In questo e nei vini successivi le scelte enologiche hanno un maggiore impatto.
Il Valpolicella Ripasso affina per due anni parte in botte grande e parte in barrique; l’uso di legni diversi consente di dare volume senza perdere il frutto, la freschezza e l’impronta territoriale. Le note di frutti rossi ancora dominanti si completano con frutta scura e più matura, quasi essiccata, rosa e violetta sono ancora presenti e si avverte una leggera tostatura. I tannini sono più astringenti ma non danno finale amaro e insieme alla spiccata acidità equilibrano e alleggeriscono la struttura più densa, masticabile e la glicerina importante.
Amarone della Valpolicella DOCG 2019
Un Amarone caratterizzato da grande bevibilità, gastronomico, come chiede il consumatore attuale, affinato per tre anni in botte grande per un tannino di accompagnamento e non invadente.
Le stesse note floreali e fruttate sono più mature, la speziatura si fa più intensa e si arricchisce di note balsamiche e di scorza di arancia candita senza però coprire la fragranza del frutto. Il sorso è ben equilibrato, polposo, nervoso ed esprime tutta la sua potenzialità di invecchiamento.
Amarone Riserva 2016
Un progetto non ancora in commercio con affinamento per circa tre anni e mezzo in barrique seguiti da due anni in bottiglia.
Ai profumi di rosa e violetta, ancora presenti si affiancano note terziarie di ribes nero, ciliegia sotto spirito, cioccolato e tostate di chiodi di garofano, tabacco. Al gusto la struttura è importante, cremosa, con tannini ben presenti ma setosi e acidità tagliente che lo fa percepire ancora molto giovane.
Anche le etichette esprimono il dualismo fra modernità e legame con il territorio e il passato con la riproduzione di un’opera dell’artista veronese Patrizio Vanessi, che ha creato un’opera unica per rappresentare l’identità della cantina, un gesto istintivo e immediato che cattura l’essenza della terra da cui nascono i vini, quasi un murales, integrato però in una disposizione di tipo classico.