Il Collio, 60 Anni di Storia fra Vino e Territorio

Fondato il 31 maggio 1964 a Gorizia per volontà di 25 soci – tra i quali primo firmatario e primo presidente, in carica fino al 1999, fu il conte Sigismondo Douglas Attems Petzenstein, ricordato per avere “trasformato il Collio (…) in un prodotto unico e rappresentativo dell’intero territorio goriziano” – il Consorzio del Collio ha festeggiato negli scorsi mesi il suo sessantesimo compleanno. Tra le tante iniziative finalizzate a celebrare il raggiungimento di questo traguardo e a valorizzare e condividere il cammino percorso sin qui – con la pietra miliare del riconoscimento della Doc e approvazione del disciplinare di produzione il 24 maggio 1968 -, l’edizione di una pubblicazione dal titolo evocativo: “Il Collio, 60 Anni di Storia fra Vino e Territorio” (dalla quale è stata estrapolata la citazione sopra riportata tra virgolette, così come tutte le citazioni segnalate con la stessa modalità nel testo a seguire, se non diversamente ed espressamente indicato).

foto della copertina del libro

Scritti da Stefano Cosma – Triestino di nascita e Goriziano d’adozione, giornalista enogastronomico laureato in Legge, autore di numerosi libri sul Collio e i suoi vini, alcuni dei quali insigniti di riconoscimenti come il “Premio Collio” (nel 2010) e il “Premio Iolanda” per la letteratura sul vino (nel 2021) – i testi accompagnano il lettore nella narrazione di un viaggio.

Attraverso la storia di “un’antica regione collinare (…), di un territorio ben delimitato”, il cui valore vitivinicolo è riconosciuto e attestato sin dal XII-XIII secolo dalle fonti (che raccontano di un “apud Colles” o “de Collibus”, in latino; “Cuej” e “Quei” in friulano), nel quale un Consorzio Vinicolo del Collio fu costituito il 23 giugno 1872, presso la residenza del barone Teuffenbach di Peuma (oggi Piuma, frazione del comune di Gorizia), quasi un secolo prima della costituzione dell’attuale Consorzio. Un atto di profonda autodeterminazione da parte di “gente forte e operosa che cura, con religiosa affezione, il terreno”, per superare assieme le estreme difficoltà del periodo post-oidio e post-fillossera.

Alla scoperta di un territorio diventato dichiaratamente un “valore aggiuntoper il vino grazie a Marco Felluga, secondo Presidente del Consorzio, in carica dal 1999 al 2005, artefice di azioni risolute verso la valorizzazione del “Collio Bianco”, blend di vitigni a bacca bianca ammessi dal disciplinare nell’areale, con un massimo del 15% dei vitigni Müller-Thurgau e Traminer aromatico, prodotto “a mano libera sia nella vinificazione, che nella scelta delle uve” da ogni azienda, con l’obiettivo di consentire la più piena espressione del terroir, per farlo diventare “vino bandiera del territorio”. E promotore di campagne promozionali “per fare del Collio anche una meta turistica di elevata qualità”, già attraversata dalla prima strada del vino d’Italia, fortemente voluta e realizzata dal “barone Michele Formentini, avvocato e agricoltore, unico ancora vivo tra i firmatari” dell’atto di fondazione del Consorzio di sessant’anni fa, ai tempi anche vice presidente della Pro Loco della città di Gorizia. “La Strada del Vino e delle Ciliegie”, inaugurata alle ore 11 di domenica 21 aprile 1963 – data scelta per poter godere appieno della vista e del profumo dei ciliegi in fiore – percorsa da “una interminabile fila di autovetture” da Piuma a Oslavia, fino a San Floriano, per poi tornare a Gorizia lungo il Vallone delle Acque, e raccontata dal dr. Cosma attraverso la descrizione di immagini animate da tanta calda partecipazione sui luoghi, colori e sapori del “Giardino del Goriziano”, ricco di piante di “fichi, pere, prugne, pesche e ciliegie”, oltre che di filari di vite sviluppati sui “roncs”, un “sistema di coltivazione della vite a terrazzamenti (…), che vede la collocazione di un filare di viti, talvolta due, per ogni terrazza”, al fine di poter sfruttare al massimo l’estensione del terreno disponibile.

 Da sinistra: Stefano Cosma (autore dei testi) e Marco Tortato (autore delle fotografie).

Un viaggio di esplorazione del regno della biodiversità, documentata anche dalla prima classificazione ampelografica del vigneto goriziano, risalente al 1844 e attestante la profonda vocazione viticola del Collio, ricco di vitigni autoctoni come “Gnezh, Pergola Zherna, Tabelzher” (a bacca rossa) e “Cigla, Cividino, Drenick (…), Suha Glera detta Picca, Mahnik o Muhnik, Pignol Bianco, Psenizhenza, Stiriana o Brisca Glera, Tergasca, Ulovna, Pikolit, Malvashija” (a bacca bianca). E la “Gargania ossia Ribolla”, citata nelle fonti sin dal 1781 e che all’inizio del XX secolo, una volta “filtrata”, veniva messa in “bottiglie, nelle quali, collocato un semplice grano di riso e, testa in giù nella sabbia, si otteneva uno spumante eccellente che, a Natale, faceva sfoggio” sulle mense dei goriziani. Una modalità di rifermentazione in bottiglia alla portata di tutti, facile da implementare e geniale. Ma anche suggestiva ed emozionante, proprio come l’immagine (eloquente) del “Rubino del Collio” associata al Merlot, vitigno “estero” arrivato nel goriziano nel XIX secolo assieme a “Sauvignon Blanc, Pinot Blanc o Weisser Burgunder, Pinot Gris o Rülander, Riesling o Rheinriesling (…)”, e poi “Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Pinot Noir (…)”, per citare solo alcuni dei vitigni alloctoni indicati nel disciplinare della denominazione ‘Collio’. Anche grazie alla fortunata coincidenza di un matrimonio: tra Elvine Ritter de Zahony, omaggiata dal padre Julius Hektor della corposa proprietà terriera di Russiz come dono di nozze, e il conte Theodor Karl Leopold Anton de la Tour Voivrè, perito agrario e abile viticoltore, oltre che esponente di una nobile famiglia francese.

Compagne di viaggio per il lettore, suggestive foto d’archivio e immagini scattate da Marco Tortato, fotografo professionista nato a Venezia da madre istriana, con un curriculum svolto a livello internazionale, “capitato” in Collio per motivi lavorativi qualche anno fa e ora profondamente affezionato alle “persone”, che lo “fanno sentire a casa … in famiglia”. Affezionato al territorio, che a ogni visita percorre con lo “sguardo del viandante, di chi vede il Collio per la prima volta”, e ha cura di dare risalto a tutto, “anche alle più piccole cose”, valorizzate al massimo anche dal bel progetto grafico della pubblicazione, a cura di Claudia Aversa.

“Collio Collio”, la bottiglia unificata, con utilizzo su base volontaria, scelta dai produttori del Collio per i vini certificati come “Doc Collio”.

Tutto di questo libro contribuisce a far percepire al lettore il passo di un mondo nel quale “si è fermato il tempo”, racconta l’editore Andrea Zanfi, “perché qui l’uomo vive in simbiosi con la terra”. Un mondo da esplorare in tutte le sue dimensioni con la Vespa Gialla del progetto “Collio in Vespa” e la Bici Gialla del progetto “Slow Collio”, messe a disposizione dal Consorzio per i visitatori che decidano di recarsi in loco. Che possono partecipare anche al “Collio Day: l’Italia si tinge di Giallo”, organizzato dal Consorzio Vini Collio, prima con Slow Food e ora con Ais, per consentire a tutti di conoscere i vini della denominazione, disponibili ogni anno per la degustazione durante una specifica giornata nelle principali città italiane.

Nel 2003 è stato istituito il “Premio Collio”, in memoria del conte Sigismondo Douglas Attems Petzenstein, al fine di “promuovere le attività che portano un valido contributo, sul piano scientifico, applicativo e divulgativo, nei settori della viticoltura, dell’enologia e della valorizzazione del territorio del Collio”. Per portare sempre nuova luce su un territorio e un vino che portano lo stesso nome, e che già splendono di luce propria!

Monica Marcandelli

Sommelier AIS dal 2018, Assaggiatore Esperto ONAV dal 2021, nel 2024 ho conseguito il Diploma di Maestro Assaggiatore ONAV presso la SUMAV Scrivere del vino e del suo mondo caleidoscopico è per me un modo formidabile per coniugare mente e cuore, competenze tecniche e passione. E' emozionante e coinvolgente, un’impagabile occasione per continuare ad imparare, esplorando territori, conoscendo persone, con le quali condividere esperienze d’assaggio, di studio, di vita, sentendomi spesso come stessi giocando con le scatole cinesi: ne apri una, e dentro ne trovi un'altra, e poi un'altra ancora e poi ancora, all’infinito ... e forse il bello sta proprio qui.

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