C’è un filo sottile che lega le storie più antiche a ciò che di più contemporaneo possiamo immaginare. È lo stesso filo che attraversa i filari di un vigneto di poco più di un ettaro e mezzo sulle rive dell’Adige, impiantato alla fine dell’Ottocento su terreni sabbiosi e limosi , sopravvissuto alla fillossera, a due guerre mondiali e al passare del tempo. Qui, nel cuore della Valdadige , Albino Armani – Nel Vino dal 1607 firma un nuovo capitolo della sua lunga storia enologica con Foja Zicolà , un rosato in edizione limitata di 3.000 bottiglie che porta con sé l’eredità autentica di una delle varietà più storiche della valle: il Lambrusco a Foglia Frastagliata .

“Foja Zicolà” (foglia frastagliata) è un omaggio diretto al dialetto locale e alla natura stessa dell’uva da cui nasce. Un nome che suona genuino, come la sua storia. Perché questo vino – parte della linea Conservatoria , la collezione di etichette dedicata al recupero delle varietà autoctone e ancestrali – nasce proprio dall’idea di non dimenticare . Ma non solo: nasce anche per riattualizzare, per raccontare un territorio e un’identità culturale con un linguaggio nuovo, comprensibile anche per chi oggi si avvicina al vino cercando freschezza, autenticità e una narrazione sincera.

Foja Zicolà è il risultato di una visione aziendale coraggiosa e per certi versi anche un po’ rivoluzionaria. Un vino intergenerazionale , che ha origine da un vigneto che racconta di una viticoltura antica – dove tra un filare e l’altro crescevano patate e legumi – per trasformarsi in un prodotto contemporaneo, fresco, sapido, con una struttura sottile ma di carattere e un grado alcolico contenuto. Un vino che guarda al futuro ripercorrendo fedelmente il passato , “perché è così che lo facevano i nonni” , spiega Albino Armani, “e così oggi torna a raccontare la nostra Valle”.

 

“Questo è un vigneto che respira da più di cent’anni: è un giardino austero e vivo, un ecosistema che ha resistito alla storia. Nel Novecento da noi la Foja Zicolà si vinificava leggera, sfruttando la tannicità varietale dell’uva e la sua acidità vivace. Oggi scegliamo di tornare a quella lettura, autentica, essenziale, fresca. Perché il vino può – e forse deve – essere anche memoria liquida” , spiega Federico Armani.Questa nuova etichetta non è soltanto un omaggio alla tradizione dei nostri nonni: è, piuttosto, la fotografia più autentica e fedele di un vigneto unico, che parla con voce propria. Il nostro compito non è quello di inventare, ma di ascoltare e interpretare ciò che la vigna ha da raccontare, nel rispetto della sua natura profonda e del suo limite. Un impianto così antico, franco di piede e con una densità di ceppi per ettaro molto bassa, offre una produzione tesa a vini snelli e leggera che non può – né deve – essere forzata verso stili che non le appartengono. Da queste vecchie viti non nascerà mai un vino di grande estrazione e corpo, sarebbe un errore tentare di piegarlo a modelli lontani dalla sua identità. Questo è, a tutti gli effetti, un vigneto-museo, che custodisce una memoria agricola e culturale irripetibile.

 

La vinificazione – interamente in acciaio, con una breve macerazione a freddo per esaltare i profumi e il colore varietale – lascia spazio alla naturale espressività dell’uva, senza sovrastrutture. Ne nasce un vino versatile : ideale al calice, perfetto a tavola. Capace di dialogare con i piatti della tradizione veneta e trentina, ma sorprendentemente adatto anche a una cucina più esotica e speziata, dove acidità e sapidità possono trovare un nuovo campo di gioco.

 

Sotto l’etichetta, un dettaglio che non è solo estetica ma anche contenuto: stralci di antiche dispense e testi ottocenteschi in cui si parlava per la prima volta della fillossera e si iniziava a comprendere il valore dei terreni sabbiosi. Piccole tracce del passato che oggi rivivono, come le viti stesse da cui tutto ha preso forma.

Foja Zicolà è più di un rosato. È un vino che attraversa il tempo, secondo le distanze tra generazioni, riporta in primo piano il valore delle varietà autoctone e il senso profondo di un mestiere che non si fa solo con le mani, ma anche con la memoria e con la visione. Un nuovo tassello nella linea Conservatoria , dunque, che già custodisce con orgoglio il Foja Tonda (Casetta DOC Valdadige Terradeiforti) e la Nera dei Baisi, e che ha ispirato anche la nascita di Terre di Plovia in Friuli-Venezia Giulia, dove si coltivano varietà rare come Sciaglin, Ucelut e Piculìt Neri . Etichette che rappresentano modi diversi di custodire e interpretare l’Italia viticola più profonda, a cui oggi si aggiunge Foja Zicolà,per proseguire un racconto che vive nella terra prima ancora che nella bottiglia.

 

 

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